MEZZOGIORNO - LEX

ECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 30 GIUGNO 1999

Delega al Ministro del lavoro e della previdenza sociale sen. prof. Cesare Salvi di compiti in materia di occupazione nel Mezzogiorno e nelle aree depresse.
(G.U. n.164 del 15-07-1999)

IL PRESIDENTE
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI


Visto il decreto del Presidente della Repubblica in data 21 giugno 1999, con cui il sen. prof. Cesare Salvi e' stato nominato Ministro del lavoro e della previdenza sociale;
Vista la legge 23 agosto 1988, n. 400;
Visto il regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440;
Visto il decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni;
Ritenuto opportuno delegare al Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sen. prof. Cesare Salvi, l'esercizio dei compiti
del Presidente del Consiglio dei Ministri in materia di lotta alla disoccupazione e di individuazione delle aree di crisi nel Paese;
Sentito il Consiglio dei Ministri;


Decreta:


Art. 1.


Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale sen. prof. Cesare Salvi, fermi restando il potere del Presidente del Consiglio dei Ministri di coordinamento generale delle pubbliche amministrazioni e le competenze attribuite dalla legge ai singoli Ministri ed alle regioni, e' delegato l'esercizio dei compiti del Presidente del Consiglio dei Ministri riguardanti le iniziative di contrasto alla disoccupazione e di promozione dell'occupazione, in un contesto di pari opportunita' nell'accesso al lavoro, con particolare riferimento al Mezzogiorno, alle aree depresse ed alle aree di crisi, nonche' all'emersione del lavoro irregolare.


La delega di cui al comma precedente comprende:


a) l'acquisizione, l'elaborazione e l'analisi dei dati relativi all'andamento dell'occupazione nelle aree depresse e di crisi, ai
fini dell'adozione delle conseguenti misure di contrasto e di verifica dei relativi effetti;


b) il monitoraggio delle situazioni di tensione occupazionale presenti nel Paese e l'elaborazione delle iniziative di coordinamento delle risorse disponibili e degli strumenti attivabili in vista del raggiungimento di soluzioni operative a breve e medio termine;


c) l'indicazione degli obiettivi per l'azione del Comitato per il coordinamento delle iniziative per l'occupazione e l'analisi delle
relazioni periodiche del Comitato medesimo sull'andamento dei lavori, sulle iniziative adottate e sulle proposte operative;


d) l'individuazione delle aree di crisi ai sensi dell'art. 2, comma 203, lettera f), della legge 23 dicembre 1996, n. 662;


e) l'esercizio delle competenze di cui all'art. 2, commi 9 e 9-bis, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con
modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236.


Per l'esercizio delle funzioni di cui alla presente delega, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale si avvale
dell'apposito ufficio della Presidenza del Consiglio dei Ministri istituito con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 20
aprile 1999, n. 166.
Il presente decreto sara' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, previa registrazione da parte della Corte dei conti.


Roma, 30 giugno 1999


Il Presidente: D'Alema


Registrato alla Corte dei conti il 14 luglio 1999
Registro n. 2 Presidenza, foglio n. 183

 

 

MOBBING - LEX

Ddl Camera 6410

Tutela dei lavoratori dalla violenza psicologica

Articolo 1.

(Finalità e definizioni).

1. La presente legge è diretta a tutelare i lavoratori da atti e comportamenti ostili che assumono le caratteristiche della violenza e della persecuzione psicologica, nell'ambito dei rapporti di lavoro.
2. Ai fini della presente legge, per violenza e persecuzione psicologica si intendono gli atti posti in essere e i comportamenti tenuti da datori di lavoro, nonché da soggetti che rivestano incarichi in posizione sovraordinata o pari grado nei confronti del lavoratore, che mirano a danneggiare quest'ultimo e che sono svolti con carattere sistematico e duraturo e con palese predeterminazione.
3. Gli atti e i comportamenti rilevanti ai fini della presente legge si caratterizzano per il contenuto vessatorio e per le finalità persecutorie, e si traducono in maltrattamenti verbali e in atteggiamenti che danneggiano la personalità del lavoratore, quali il licenziamento, le dimissioni forzate, il pregiudizio delle prospettive di progressione di carriera, l'ingiustificata rimozione da incarichi già affidati, l'esclusione dalla comunicazione di informazioni rilevanti per lo svolgimento delle attività lavorative, la svalutazione dei risultati ottenuti.
4. Il danno di natura psico-fisica provocato dagli atti e comportamenti di cui ai commi 2 e 3 rileva ai fini della presente legge quando comporta la menomazione della capacità lavorativa, ovvero pregiudica l'autostima del lavoratore che li subisce, ovvero si traduce in forme depressive.

Articolo 2.

(Annullabilità di atti discriminatori).

1. Gli atti e le decisioni concernenti le variazioni delle qualifiche, delle mansioni, degli incarichi, ovvero i trasferimenti, riconducibili alla violenza e alla persecuzione psicologica, sono annullabili a richiesta del lavoratore danneggiato.

Articolo 3.

(Prevenzione ed informazione).

1. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, con decreto da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, individua le fattispecie di violenze e persecuzioni psicologiche ai danni dei lavoratori rilevanti ai fini della presente legge.
2. I datori di lavoro, pubblici o privati, e le rispettive rappresentanze sindacali adottano tutte le iniziative necessarie allo scopo di prevenire la violenza e la persecuzione psicologica di cui alla presente legge, ivi comprese le informazioni rilevanti con riferimento alle assegnazioni di incarichi, ai trasferimenti, alle variazioni nelle qualifiche e nelle mansioni affidate, nonché tutte le informazioni che attengono alle modalità di utilizzo dei lavoratori.
3. Le informazioni di cui al comma 2 devono essere affisse nelle bacheche aziendali corredate dal testo del decreto di cui al comma 1.
4. Qualora atti e comportamenti di cui all'articolo 1 siano denunciati, da parte di singoli o da gruppi di lavoratori, al datore di lavoro ovvero alle rappresentanze sindacali aziendali, questi ultimi hanno l'obbligo di porre in essere procedure tempestive di accertamento dei fatti denunciati, eventualmente anche con l'ausilio di esperti esterni all'azienda.
5. Accertati i fatti denunciati, ai sensi del comma 4, il datore di lavoro è tenuto ad assumere le misure necessarie per il loro superamento. All'individuazione di tali misure si procede mediante il concorso dei lavoratori dell'area aziendale interessata ai fatti accertati.
6. Ad integrazione di quanto disposto dall'art. 20 della L. 20.5.1970 n. 300, i lavoratori hanno diritto di riunirsi, fuori dall'orario di lavoro, nei limiti di due ore su base annuale, per trattare il tema delle violenze e delle persecuzioni psicologiche nel luogo di lavoro.
7. Le riunioni di cui al comma 6 del presente articolo sono indette con le modalità e si svolgono nelle forme di cui all'articolo 20 della legge 20 maggio 1970, n. 300. Alle riunioni possono partecipare le rappresentanze sindacali aziendali, i dirigenti sindacali ed esperti esterni.

Articolo 4.

(Responsabilità disciplinare).

1. Nei confronti di coloro che pongano in essere gli atti o tengano i comportamenti previsti all'articolo 1, si applicano le misure previste con riferimento alla responsabilità disciplinare. Analoga responsabilità grava su chi denuncia consapevolmente atti o comportamenti di cui all'articolo 1 inesistenti, al fine di ottenere vantaggi comunque configurabili.

Articolo 5.

(Azioni di tutela giudiziaria).

1. Il lavoratore che abbia subìto violenza o persecuzione psicologica nel luogo di lavoro e non ritenga di avvalersi delle procedure di conciliazione previste dai contratti collettivi, ma intenda adire in giudizio, può promuovere il tentativo di conciliazione ai sensi dell'art. 410 del codice di procedura civile , anche attraverso le rappresentanze sindacali aziendali. Si applicano, per il ricorso in giudizio,le disposizioni di cui all'art. 413 del codice di procedura civile.
2. Il giudice condanna il responsabile del comportamento sanzionato al risarcimento del danno, che liquida in forma equitativa.

Articolo 6.

(Pubblicità del provvedimento del giudice).

1. Su istanza della parte interessata, il giudice può disporre che del provvedimento di condanna venga data informazione, a cura del datore di lavoro, mediante lettera ai dipendenti interessati, per reparto e attività, dove si è manifestato il caso di violenza o di persecuzione psicologica oggetto dell'intervento giudiziario, omettendo il nome della persona che ha subito tali violenze o persecuzioni, qualora ne dia al giudice stesso esplicita indicazione.